Natura
Montecassino (516 metri s.l.m.) è una propaggine collinare disposta in posizione sud-orientale del Massiccio del Monte Cairo (1.669 metri s.l.m.).Circa 694 ettari di territorio fanno parte del Monumento Naturale Montecassino, istituito nel 2010 con Decreto del Presidente della Regione Lazio, poiché trattasi di aree di rilevante interesse naturalistico e storico-archeologico.
La vegetazione che ricopre le pendici di Montecassino è strettamente legata alle caratteristiche geomorfologiche e climatiche del territorio ma, negli ultimi 30 anni, anche all’azione antropica rappresentata dagli incendi dolosi e dal sovrappascolo.
L’attuale vegetazione comprende sia specie arboree tipiche della macchia mediterranea sia alberi di latifoglie decidue, soprattutto querce come la Roverella (Querqus pubescens) e il Cerro (Quercus Cerris) a cui si associano altre specie caratteristiche delle zone collinari come il Carpino nero (Ostrya carpinifolia Ten.) e l’Orniello (Fraxnus ornus).
Sono molto presenti anche macchie di conifere, costituite soprattutto da pini mediterranei (Pinus pinaster), derivanti dai rimboschimenti effettuati a partire dagli anni 50 del secolo scorso, effettuati sia per motivi di carattere sociale sia per difesa idrogeologica.
Tra la flora della macchia mediterranea alta si possono osservare, intorno ai 200 – 300 metri s.l.m. di altitudine, specie che hanno resistito agli incendi dolosi come: il Lentisco (Pistacia lentiscus, L. 1753) con i suoi fiori rossi, raccolti in infiorescenze a pannocchia di forma cilindrica, situati all’ascella delle foglie dei rametti; l’Olivastro (Olea europea L. var. olivaster), la cui presenza si distingue dall’Olivo coltivato (Olea europea var. europea) in quanto quest’ultimo è presente su piccoli spazi terrazzati segno della cura da parte dell’uomo.
Curiosità: la presenza dell’Olivo coltivato sulle pendici di Montecassino serviva ad indicare ai monaci benedettini e, soprattutto, ai mezzadri quali terreni fossero di proprietà dell’Abbazia di Montecassino così da distinguerli da quelli di altri proprietari.
Un’altra specie della macchia mediterranea è l’Alloro (Laurus nobilis L., 1753) pianta aromatica e officinale che in genere ha il portamento arbustivo, ma in natura può raggiungere anche i 10 metri di altezza diventando un vero e proprio albero.
Se l’alloro è inconfondibile per il suo profumo aromatico, un’altra specie che risalta alla vista del camminatore, per il colore inconfondibile dei suoi fiori rosa – lilla, è il Siliquastro (Cercis siliquastrum, L. 1758) detto anche “Albero di Giuda”, in quanto collegato alla credenza antica che vuole tale albero il punto dove lo stesso Giuda Iscariota avrebbe dato il famoso “bacio” traditore a Gesù e, più tardi, tormentato dal rimorso, vi si impiccò.
Nella stessa fascia di vegetazione si incontra il Biancospino (Crataegus monogyna) un arbusto o piccolo albero molto ramificato, che generalmente si trova subito dopo il bosco a formare un muro di vegetazione fitta ed impenetrabile. Caratteristici sono i suoi fiori di colore bianco-rosato e i frutti rossi a maturazione, delle dimensioni di circa 1 cm.
La macchia mediterranea comprende anche delle lianose erbacee. Il Caprifoglio mediterraneo (Lonicera implexa) è una pianta cespugliosa rampicante sempreverde, con rami volubili, che si ritrova spesso associato ad arbusti legnosi o alberi come il Lentisco o l’Orniello. Il Tamaro (Dioscorea communis) che si riconosce per i suoi frutti a forma di bacche globose di colore rosso brillante riunite in un grappolo. La Smilace (Smilax aspera, L.) o Salsapariglia nostrana, nota anche con il nome comune di stracciabraghe, molto simile al Tamaro per la struttura del frutto, costituito da bacche rosse scuro, riunite in grappoli, ma differente per la tonalità del colore rosso.
Curiosità: il nome Smilace è legato al mito greco di Smilax e Crocus che si innamorarono a prima vista l’uno dell’altra, ma l’amore ardente che li univa aveva provocato molte ire nell’Olimpo. Gli Dei si opposero con tutte le forze e tanto fecero che il giovane, distrutto dal dolore, si suicidò. Nel constatare la disperazione della giovane ninfa però gli Dei si impietosirono e decisero di ridonar vita ai due sotto mentite spoglie: lei venne trasformata nella pianta della Smilax aspera, le furono donate foglie a forma di cuore e divenne il simbolo del loro amore tenace ma esasperato. Lui venne trasformato in un fiore viola brillante che rappresenta la superbia e la sfrontatezza di chi ha osato innamorarsi di una divinità. Fiore dal cuore caldo ardente, color del sole a ricordo della passione che lo mosse: lo zafferano appunto.
Nelle zone che sono state caratterizzate da incendi reiterati e lungo i pendii semirupestri gli alberi sono meno presenti tanto da fare spazio alla gariga, ossia una vegetazione costituita da arbusti molto bassi e da piante che hanno la caratteristica di ricolonizzare ambienti aridi o incendiati, come: la Ginestra odorosa (Spartium junceum L.) o Ginestra di Spagna, un piccolo arbusto perenne con lunghi fusti verdi detti “vermene” che si dipartono dalla base legnosa. Il colore giallo intenso dei suoi fiori in primavera caratterizza i pendii collinari con macchie sparse tra la vegetazione verde degli alberi; la Sanguinella (Cornus sanguineum) un arbusto che può crescere fino ad un massimo di 5 metri, è riconoscibile per il caratteristico fogliame rosso-violetto in autunno e per le sue fioriture bianche e profumate in tarda primavera; il Saracchio (Ampelodesmos mauritanicus) chiamata in dialetto “stramma”, pianta erbacea perenne dal portamento cespitoso, ossia che presenta ciuffi fitti di foglie che si dipartono dal suolo alla base di un fusto principale di altezza 1-2 metri che possono raggiungere anche 5 metri. Essa è molto visibile in primavera ed estate, mentre nella stagione fredda le gemme alla base sono protette dalla lettiera costituita dai suoi ciuffi di foglie secche; il Timo a fascetti (Thymus longicaulis) un piccolo arbusto sempreverde dal fusto strisciante che raggiunge un’altezza massima di 15 cm – 20 cm. Si riconosce per le sue piccole foglioline verdi e coriacee e per i fiori di color bianco rosato, che fioriscono tra Giugno e Agosto, molto ricercati dalle api per il loro ricco nettare.
Ai margini delle piccole radure che si aprono tra la vegetazione arborea e arbustiva e lungo i sentieri che si diramano su Montecassino si può incontrare l’Asfodelo mediterraneo (Asphodelus ramosus L.), pianta molto rustica e resistente alle condizioni meteorologiche avverse, la cui fioritura dura tutto marzo e metà aprile e abbellisce di molto il paesaggio intorno, in quanto i suoi fiori sono di colore bianco, i primi ad essere visitati dalle api vista la scarsità di fiori in questo periodo dell’anno.
Altra specie caratteristica che si incontra negli spazi aperti tra i boschi è il Verbasco del Sannio (Verbascum samniticum Ten.), conosciuto con il nome di tasso barbasso. È una pianta erbacea biennale molto rustica, costituita da un fusto fiorale che si diparte da una rosetta di foglie di forma ovale. I fiori sono gialli durano poco e vengono sostituiti da quelli sottostanti.
Sono inoltre presenti diverse specie del genere Euphorbia, tra cui quella più importante l’Euforbia sannitica (Euphorbia gasparrinii subsp. samnitica, Pignatti), in quanto endemica delle regioni dell’Italia centrale (Abruzzo; Lazio; Marche; Molise).
Curiosità: nell’antichità il Verbasco è stata ampiamente usato a scopo medicinale, ma contiene principi tossici, soprattutto nei semi (saponine), mentre i fiori venivano utilizzati come tintura per capelli. Il nome generico, già usato da Plinio, forse deriva dal latino ‘barbascum’ (barba), per i filamenti staminali vistosamente pelosi, o molto più probabilmente per la densa pelosità delle foglie e dei fusti di molte specie; il nome specifico si riferisce all’antica regione del Sannio.
La fauna presente su tale territorio è principalmente legata al tipo di vegetazione.
Troviamo il cinghiale (Sus scrofa L.) la cui popolazione è in sovrannumero, data la sua caratteristica riproduttiva che può raggiungere fino a 12 cuccioli ha ormai colonizzato anche gli ambienti antropizzati. La sua presenza sul territorio è attestata dal rilevamento delle caratteristiche orme presenti ai margini delle pozze d’acqua dove sono soliti rotolarsi nel fango per rinfrescarsi e tenere lontani i parassiti e anche delle sue opere di scavo nello strato superficiale del terreno alla ricerca di larve di insetti, tuberi e semi.
Il tasso (Meles meles L.), mammifero notturno che trascorre la giornata a dormire all’interno di una delle numerose tane scavate nel proprio areale e che spesso condivide con altri animali. In genere, utilizza cavità naturali nel terreno e nelle rocce alla base degli alberi o dei piccoli pendii naturali. La galleria che conduce dall’ingresso alla camera abitativa è lunga non meno di 5-10 metri. Dalla camera abitativa si dipartono diversi cunicoli che possono portare ad altre camere o ad altre uscite che servono per l’areazione e per agevolare la fuga. È un animale carnivoro che si ciba di insetti, rettili, piccoli mammiferi ed, essendo un avversario temibile e tenace, anche prede dalle dimensioni paragonabili alle proprie o perfino superiori.
La volpe (Vulpes vulpes L.), specie carnivora che si organizza solitamente in coppia o in piccoli gruppi dominati da una coppia riproduttiva e la sua prole o da un maschio con varie femmine imparentate. I cuccioli cresciuti tendono a rimanere con i genitori per assisterli nella cura di nuovi piccoli. Predilige boschi interrotti da radure, macchie e cespugli, in modo da poter facilmente trovare rifugio.
L’Istrice (Hystrix cristata L.) è un roditore di grandi dimensioni, con la lunghezza della testa e del corpo tra 650 e 850 mm. La sua particolarità è quella di essere ricoperto di lunghe setole nere o bianche anteriormente e con lunghi aculei nella parte centrale e sulla groppa. Gli aculei presentano anelli bianchi e neri alternati, solitamente 4 o 5, e terminano con una lunga punta bianca. La loro lunghezza è variabile e possono raggiungere i 30 cm sulla groppa. La cresta nucale è formata da lunghi peli sottili fino a 45 cm, principalmente neri. Sia la cresta che gli aculei si drizzano quando l’animale è impaurito o minacciato. Vive principalmente di notte e durante il giorno si rifugia nelle grotte, nelle buche sotto gli alberi o in tane abbandonate di altri animali e nei crepacci rocciosi. Non scava le proprie tane.
La Faina (Martes foina), animale dalle abitudini notturno che si utilizza come rifugi diurni cavità o anfratti riparati in antichi ruderi, nelle pietraie o nelle cavità naturali delle rocce, dalle quali esce al tramonto o a notte fonda. Si tratta di un animale principalmente solitario, il proprio areale è decisamente esteso e compreso fra i 15 e i 210 ettari, variabili a seconda del sesso e della stagione. La sua alimentazione è tendenzialmente carnivora, si nutre di nidiacei d’uccello, ratti e con molta pazienza riesce a cacciare anche starne e fagiani ma, non rifiuta il miele grazie alla sua immunità alle punture di ape e vespa, bacche e uova di uccelli. Come molti predatori, la faina uccide un numero di prede molto maggiori rispetto al suo fabbisogno immediato di cibo. Tale comportamento predatorio è noto come “surplus killing” che potrebbe sembrare priva di significato, in realtà si tratta di una strategia adattativa di tipo evolutivo, per assicurare al predatore le risorse necessarie ad una migliore sopravvivenza.
Curiosità: il “surplus killing”, ha fatto nascere la credenza popolare, assolutamente errata, secondo la quale questo animale si nutrirebbe principalmente, o addirittura esclusivamente, del sangue delle proprie prede.
Il Moscardino (Muscardinus avellanarius L.) è un piccolo roditore, dal peso di circa 30 grammi, appartenente alla famiglia dei Gliridi come suo cugino il Ghiro.
Il Moscardino è riconoscibile sia per la sua piccola corporatura e, soprattutto, per il colore inconfondibile della pelliccia color arancio-fulvo brillante, per la sua lunga coda e i grandi occhi neri. Vive in ambienti che presentano un’elevata diversità vegetale, che gli consentono di procurarsi il cibo facilmente, frutti, fiori e piccoli insetti. È quasi invisibile in quanto vive sugli alberi e ha spiccate abitudini notturne per cercare il cibo, mentre si ritira nei nidi tra gli alberi durante il giorno. Quando arrivano le prime gelate autunnali scende dagli alberi per rifugiarsi nelle cavità alla base dei tronchi degli alberi dove si addormenta per tutta la stagione fredda.
Il moscardino è una specie protetta e, essendo molto sensibile alla qualità dell’habitat in cui vive, è considerato un efficace indicatore ambientale.
La Poiana (Buteo buteo) è un uccello rapace della famiglia Accipitridae, dalle medie dimensioni che può arrivare ad avere un’apertura alare di 130 cm.
È riconoscibile per il suo piumaggio di color marrone e la caratteristica macchia chiara a forma di U sul petto. Mentre, durante il volo è riconoscibile per la presenza della barra nera all’estremità della coda e le macchie chiare, più o meno grandi, nella parte inferiore delle ali.
La dieta è molto varia ed è costituita da roditori, insetti, piccoli uccelli, rettili. Per individuare le prede si colloca sui posatoi abituali (pali, fili del telefono, alberi secchi) oppure effettua dei voli di perlustrazione molto lenti alternati da sospensioni momentanee in aria con le ali aperte nella posizione cosiddetta dello “spirito santo”.
Anche il voli per il corteggiamento sono spettacolari, costituiti da salite in quota intervallate da ripide picchiate, chiamate “festoni”.
Il Gheppio (Falco tinnunculus) è un uccello rapace della famiglia dei Falconidae, di dimensioni medio-piccole, il più diffuso e facile da osservare.
Il colore del corpo differisce tra maschio e femmina: il maschio ha la testa e la coda di colore grigio-ceruleo, con fascia terminale della coda nera, sopra di colore rossiccio picchiettato di nero, sotto color crema chiaro striato o macchiettato di scuro; la femmina è completamente di colore rossiccio sopra con densa barratura scura, sotto color nocciola o crema chiaro striato o macchiettato di scuro. Entrambi hanno la parte superiore dell’ala un contrasto tra la parte più interna chiara e la parte più esterna scura.
Il gheppio non costruisce il nido, ma occupa quello di un altro uccello, oppure depone sulla cornice di una roccia o in un buco di una costruzione, sui piloni di alta tensione, in nidi artificiali o in grossi buchi di alberi.
La sua alimentazione comprende piccoli e medi roditori, piccoli uccelli, insetti e rettili.
Caratteristico è il suo volo sospeso, detto a “Spirito Santo”, durante il quale si mantiene totalmente fermo in aria, con piccoli battiti delle ali e tenendo la coda aperta a ventaglio, sfruttando il vento per mantenersi stabile ed osservare dall’alto il movimento delle possibili prede, per poi sferrare l’attacco.
Il Falco pellegrino (Falco peregrinus) è un uccello rapace della famiglia dei Falconidae, specializzato nella predazione in volo di altri uccelli (ghiandaia, colombaccio, piccione, ecc.). Infatti, attraverso la caccia a mezz’aria, una volta avvistata la preda (anche a più di 1 km di distanza), si getta in picchiata ad ali chiuse a velocità che possono superare i 300 Km/h, cogliendola di sorpresa e colpendola con l’artiglio posteriore per farla oscillare, per poi ucciderla in volo, oppure a terra con il becco.
Il Falco pellegrino, a differenza del gheppio, non fa mai lo “spirito santo”, in quanto si tratta di una tecnica di caccia utile per la cattura di insetti e roditori che non fanno parte della sua alimentazione.
Gli esemplari maschi sono circa il 15% più piccoli delle femmine, anche se hanno lo spesso piumaggio: la parte superiore è grigio-ardesia, la parte inferiore è beige chiaro con piccole striature trasversali scure. Inconfondibile è il colore nero della testa e il piumaggio bianco del collo, che fanno risaltare il becco giallo e adunco.
Il Biancone (Circaetus gallicus) è un rapace diurno appartenente alla Famiglia degli Accepitridae, migratrice e nidificante. In alcune aree della Sicilia è stanziale.
Si tratta di un rapace molto simile ad un’aquila, ma è leggermente più piccolo: le sue dimensioni variano tra i 62 ai 69 cm, con un’apertura alare di 162-185 cm e la femmina ha dimensioni maggiori del maschio.
Il piumaggio dell’addome è principalmente bianco, costellato da macchie di marrone chiaro. Mentre, la parte superiore è grigio marrone, con codione generalmente più chiaro e il capo nocciola.
La sua alimentazione è composta per il 90% da rettili (serpenti e lucertole) il 10% da anfibi, uccelli di piccole dimensioni e piccoli roditori. Caratteristiche sono le scene di caccia, in cui il Biancone alterna volteggi ad arresti a mezz’aria “spirito santo”, che gli consentono di rimanere fermo per intercettare la preda, che verrà poi catturata mediante un volo in picchiata. Nel caso il vento è assente è più probabile che si apposti su alberi o rocce, per individuare la preda e sferrare l’attacco.
Il Biancone è una specie inserita nell’allegato I della Direttiva Uccelli (Direttiva n. 79/409/CEE), quindi è protetta e tutelata all’interno del territorio Europeo, in quanto il suo status di conservazione è vulnerabile.